2010-2020. Throwback DMAV. 

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Oggi, 2020. 10 anni dopo. 

Stop. Fermiamo il tempo qui, in questo momento, ora. Adesso.
Voltiamoci assieme. Tocca il pulsante che srotola la pellicola dei ricordi.
Eccoci siamo tornati al 2010.
Noi. Alessandro, Nicola, Marzia. Noi con il nostro progetto, noi con i nostri sogni.

(Diciamo “nostri” ma non è esattamente la parola giusta. Nostri nel senso che hanno avuto origine da noi, ma con lo scopo di coinvolgere persone, spettatori, attori dentro i nostri progetti; in fondo DMAV nasce come idea ma è un progetto di Social Art Ensemble e senza di te, di voi, sarebbe come aver realizzato un progetto incompleto).
 

Celebriamo un traguardo, 10 anni di sogni, di fatica, di lavoro e di incontri, contaminazioni artistiche, studi, percezioni. 10 anni di persone che abbiamo conosciuto, coinvolto e con cui ci siamo confrontati.

10 anni.

Oggi vogliamo compiere un viaggio che assomiglia di più ad un tuffo tra memorie e sensazioni racchiuse nel passato di DMAV e quando torneremo ai giorni nostri l’obiettivo sarà guardare al futuro; in fondo ogni nostro progetto ha colto l’attimo, l’occasione e il modo di raccontare, far riflettere per poi andare avanti cambiati e arricchiti dai pensieri, dalle opinioni e dagli incontri sulla nostra via.

Le relazioni sono preziose, sono l’occasione per crescere e maturare.

I progetti di DMAV sono maturati con noi, con la nostra esperienza e con le nostre domande a cui abbiamo cercato di rispondere o che abbiamo lasciato in sospeso perché siano gli altri a trovare le loro risposte.

Sai che cos’è una capsula del tempo? 

E’ una scatola che viene preparata per lasciare un messaggio, un oggetto o delle informazioni perché siano trovate in un epoca futura. Oggi apriamo la nostra e dentro abbiamo conservato un particolare di ogni nostro progetto.
Cosa faremo ora? Chiudiamo gli occhi e recuperiamo anno per anno la nostra storia dalla capsula del tempo, riassunta in poche righe ma che meriterebbe di essere approfondita in un memorandum.

 
[SPOILER ALERT]
Se non vuoi rovinarti la sorpresa, allora ti consigliamo di saltare la prossima riga e ci incontriamo alla successiva. 
Il viaggio più lungo c’è, è fatto di parole, è di colore giallo e per realizzarlo abbiamo bisogno anche di te.
Via libera all’immaginazione.
[SPOILER ENDED.]

Ora è giunto il momento di iniziare.

2012. On White Industrialists. 
Abbiamo cercato di far dialogare due dimensioni, il passato e il futuro riassunti nella figura del “giovane industriale”; figura che vive un reale conflitto tra la pressione del dover portare avanti con successo un progetto imprenditoriale ereditato dalla famiglia e la voglia di innovazione. E’ un viaggio introspettivo che ci ha portato fino in Austria assieme ad un gruppo di 20 giovani imprenditori e dall’esperienza è nata un’istallazione, dove i corpi sono diventati oggetti corruttibili e permeati di colore nello spazio della Chiesa di San Francesco di Udine.

2012. Home.
Il protagonista è lo spazio urbano. Uno spazio che ci ospita e che dobbiamo impegnarci ad indagare, capire, e dove lasciarci trasportare. Siamo accompagnati da un popolo di piccoli astronauti di cui assumiamo il punto di vista.
Che cosa vediamo ora? Lungo le strade di Pordenone abbiamo ri-scoperto cose. Da ciechi siamo diventati esploratori del bello che ci circonda.

2012-2020. Echoes/The Village.
The Village è un progetto che spiega le relazioni tra le comunità, intese anche come organizzazioni, dove ci sono degli archetipi sotto forma di figure che ritroviamo in ogni gruppo di lavoro, con le loro caratteristiche e preferenze. E’ da qui nasce Echoes, una performance dove il linguaggio del corpo, le espressioni e le relazioni sono le protagoniste.

2013. Flow.
Un progetto ambizioso, una sorta di crocevia tra il prima e il dopo in cui il concetto di social art è esploso in un dialogo tra generazioni e laboratori che ci hanno impegnato per diverso tempo. Pesaro ci ha ospitato ed è stata l’occasione di maturare e proseguire nei nostri sogni in cui le comunità sono diventate le protagoniste e l’arte è stata il mezzo per andare avanti nelle nostre sperimentazioni.

2014. Numbers. 
Un gioco di numeri che al servizio di una scienza come la matematica fanno la parte dei “buoni”, mentre al servizio della finanza si spostano verso il lato oscuro, quello della speculazione e del profitto. La nostra realtà si riduce a numeri senz’anima, che appiattiscono il fascino delle esperienze. Numbers è ambientato nei non-luoghi di Udine che fanno da sfondo alla figura di donna (Marzia) di bianco vestita assieme alla parte musicale caratterizzata dagli influssi elettronici.

2018. Minimalia.
Un progetto che accoglie al suo interno più progetti, Little Town – Texture – l’abecedario Minimalia, Schegge di futuro, dove l’obiettivo è raccontare il suono (perduto) e ritrovato nel mondo del digitale. I protagonisti sono: piccoli omini che vivono in mondo permeato da idoli (diorami), forme ripetute che danno vita ad illusioni ottiche guidate dalla posizione tra vicino/lontano e parole immerse in uno scenario post-apocalittico.

2018. Babatwoosh.
La veggente digitale.
Un modo per fermarsi a riflettere sul sacro contemporaneo, su un mondo digitale fatto di notifiche e nuovi modelli da seguire.

2018. Segreto Visibile.  
Udine, Vicolo Sottomonte. 
Il mezzo espressivo è la luce bianca, in omaggio ad Arturo Malignani. La luce è un ponte per raccontare esperienze ed è stata un’occasione per rivivere, riscoprire e ascoltare la storia di una strada nascosta nel cuore della città.

2018. Living Bodies.
Udine, Palazzo Antonini. Continua la sperimentazione con la luce al neon, accompagnata da una performance/rito sciamanico collettivo in cui la ricerca sul tema del corpo nell’era digitale è il tema centrale.

2019. Doublin’.
Trieste. Cavana. Un omaggio a Joyce e attraverso la luce abbiamo duplicato, sovrapponendo il Red District di Dublino con la Night Town triestina.

2019. Luce Nera. 
L’idea che è alla base del progetto è guardare le cose da una prospettiva diversa, sotto una luce che non è la classica luce solare e bianca. E’ una sfida all’opacità, alla via inversa. Un’esperienza che non vuole raccontare il successo delle persone, ma la loro unicità nell’essere divergenti dall’attitudine seguita dalla massa.

2019. Cavana Stories. 
Trieste. Cavana. Da Doublin’ il progetto si è espanso fino a diventare un docu-film che ha l’obiettivo di riportare alla luce le vicissitudini di un quartiere, ridando dignità a dei personaggi marginali della società, attraverso delle interviste a diciotto persone che hanno abitato nella zona.

Oggi. Ora. 2020. Siamo tornati dal nostro Throwback nella storia di DMAV.

Il linguaggio, anzi i linguaggi che abbiamo usato nel tempo sono molteplici e sono camaleontici.
Si adattano, si modificano, cambiano a seconda dell’obiettivo del progetto spaziando su più livelli e registri di linguaggio.
Nel viaggio abbiamo usato fotografia, musica, parole, numeri, dimensioni, spazi, luci, ombre, tutto quello che ci servito per esprimere al meglio il nostro pensiero.
E continueremo a farlo da oggi in poi, proiettati verso quello che ci porterà il futuro.

DMAV. 2010-2020 e oltre. 

Grazie.

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