Questo scritto è un viaggio. Parola dopo parola verrai guidato dentro Doublin’, uno dei nostri ultimi progetti artistici. Prova a percepire il significato profondo che c’è dietro ad ogni frase, cerca di immedesimarti e cerca di dare una lettura per immagini al nostro percorso.
Sei pronto ad entrare in Doublin’?
L’arte e la creatività hanno la capacità di trasformarsi, adattarsi all’idea e fondersi assieme fino a diventare un modo di dialogare con lo spettatore. Questa lingua si esprime attraverso segni, colori, sensazioni, immagini, parole e l’interpretazione è lasciata all’interlocutore.
Il linguaggio usato in Doublin’ è la luce.
La luce è di per sé un elemento intangibile, possiamo vederla, possiamo sentirne il calore o possiamo sentirne il gelo a seconda della sua intensità. Questa volta abbiamo scelto di imprigionarla in installazioni al neon, che sono anche il mezzo espressivo e la firma estetica utilizzati per Doublin’.
Non è un caso.
Il neon è quell’elemento che ci ricorda un paesaggio urbano, le luci rosse che si riflettono in strada e che hanno la capacità di evocare delle immagini riconoscibili nella nostra mente.
Ora chiudi gli occhi. Eccoci arrivati a Dublino, o forse no, siamo a Trieste, nella Trieste che ha ospitato James Joyce.
Doublin’ è un omaggio artistico.
Doublin’ è un gioco di parole.
Doublin’ è una commistione tra storia, memoria e arte.
Il nome ha un doppio significato. Rappresenta la fusione tra “Dublino“, città in cui è ambientata la storia raccontata in Ulysse da Joyce e la parola “doublin’” che rappresenta il raddoppiare della città e la sua sovrapposizione con Trieste. Ed è Trieste la città in cui Joyce ha scritto l’Ulysse.
Si spengono lentamente le luci del red district di Dublino e si riaccendono nella Nighttown triestina. Nel quartiere storico conosciuto con il nome di: Cavana.
In questo contesto la luce è un mezzo emozionale, capace di far riaffiorare sensazioni e stati d’animo che erano stati dimenticati o zittiti. E’ capace di tingere di colori la storia che si intreccia con i ricordi e li veicola fino a noi. E’ il presente a rivolgersi al passato per carpirne i segreti, rielaborarli e proiettarli al futuro utilizzando linguaggi alternativi.
Il viaggio non è ancora finito però.
La luce è il mezzo espressivo utilizzato in Doublin’ e ora i neon nella Nighttown sono stati accesi; è giunto il momento di compiere un passo ulteriore. Non potevamo limitarci ad illuminare un quartiere e rimanere ciechi davanti a quello che ha rappresentato in passato.
E così abbiamo dato voce ai protagonisti creando Cavana Stories.
Siamo partiti da un progetto che si è intrecciato con altri elementi, ed è a questo punto che abbiamo realizzato il docu-film presentato alla platea del Teatro Miela nello scorso dicembre. Cavana Stories è anch’esso un progetto d’arte pubblica, un tassello che si è aggiunto a Doublin’, cambiando linguaggio e registro. Qui la luce fa da contorno, riporta un significato simbolico, ovvero quello di “dare luce” ai frammenti di memoria storica che riguardano il quartiere.
I protagonisti parlano, si muovono, si raccontano e in sottofondo sentiamo i rumori, le musiche della vita moderna lungo i vicoli della Cavana. Le loro storie non sono necessariamente belle, non devono attrarre, ma riportare alla luce episodi, aneddoti che ci fanno comprendere il nostro passato.
Dublin’ e Cavana Stories sono molto più che dei progetti di arte pubblica.
Sono anche due linguaggi alternativi che abbiamo utilizzato per coinvolgerti, per colpirti e farti riflettere su come esista più di una lingua per veicolare un messaggio. Impara ad aprire la mente e allenati ad abbattere i muri della conversazione classica.
Abbiamo parlato di Doublin’ anche qui e puoi vedere il trailer di Cavana Stories qui.